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abstract delle relazioni

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per il 250° anniversario della morte


(in ordine alfabetico degli autori)

Rosa Condello – Marino Dell’Erba – Antonio Rea – Pietro Di Lorenzo
Abitanti, economie e società del quartiere Torre di Caserta nel 1749 da Catasto Onciario
parole chiave: Catasto onciario, Caserta, popolazione, economia, società
La relazione propone l’analisi dei dati raccolti grazie alla trascrizione integrale del Catasto Generale per il quartiere Torre redatto nel 1749. Il Catasto di Torre è ancora manoscritto (Archivio di Stato di Napoli) e finora inedito, non essendo affidabile e fedele l’unica pubblicazione ad oggi realizzata. I dati sono stati confrontati e integrati con le rivele cioè le autodichiarazioni dello stato di famiglia, delle proprietà, dei redditi e delle spese, e con lo stato delle anime, cioè il censimento delle famiglie realizzato dal parroco. Le rivele furono presentate dai cittadini per consentire la redazione del Catasto dopo l’avvenuta certificazione a cura dell’Università di Caserta e la sintesi realizzata dagli ufficiali incaricati della redazione. Grazie ad esse, infatti, è possibile integrare i dati del catasto con informazioni che questi non potevano contemplare per la loro stessa struttura formale e per le finalità per cui il catasto venne realizzato, a partire dalla più completa considerazione del nucleo familiare, alle relazioni economiche tra i vari soggetti, al livello di istruzione, agli interessi al di fuori del quartiere, la provenienza, ecc. Pertanto si rende possibile l’analisi del quartiere per gli aspetti di onomastica, di relazioni familiari, di patrimonio, dei lavori, dell’alfabetizzazione dei cittadini capofamiglia, per le provenienze dei forestieri e più in generale sui fattori che configurano una società nei suoi aspetti dinamici o statici. Si aggiungono osservazioni sulla toponomastica e l’organizzazione religiosa.


Rosa Condello – Antonio Rea – Maria Letizia Vitale
Consuetudini matrimoniali suntuarie e domestiche dai notai casertani: primo campionamento riguardante il XVIII secolo
parole chiave: Capitoli matrimoniali, Caserta, donna, economia, società
I capitoli matrimoniali sono una fonte preziosa per ricostruire le consuetudini delle doti alle donne. Furono atti pubblici redatti dai notai e risultano molto più frequenti degli inventari delle donne, presenti solo in alcuni testamenti, in questi casi si registravano più aventi diritto sull’eredità e l’incertezza sulla divisione si temeva potesse generare  liti e dissapori. Si è scelto di guardarli dalla prospettiva della donna e n particolare per due aspetti  specifici, assenti negli inventari maschili e in altri atti (compravendite, cessioni, permute, donazioni): la biancheria e le stoviglie di rame per la gestione del quotidiano domestico, e i gioielli. L’ abbondanza relativa di queste fonti consente di ricostruire uno spaccato della società dell’epoca osservando una quantità di dati preziosi che permettono di risalire ad alcuni aspetti materiali della vita nell’epoca presa in considerazione attinente a molti casali casertani (Casolla, Ercole, Falciano, Mezzano, Sala, Santa Barbara, Torre, Tuoro). Il campionamento è stato effettuato sugli atti di diversi notai di cui si conservano i protocolli nell’Archivio di Stato di Caserta. Gli anni sono stati campionati a caso, tra la metà e la fine del secolo. I casi analizzati sono tutti quelli riportati nel volume del notaio per quell’anno. I documenti confermano la presenza di consuetudini “casertane” nella formazione dei corredi dotali, corredi che sembrano differire di poco per tipologia e per qualità degli oggetti e che nella quantità denunciano la generosità dei parenti della sposa o, se vogliamo, la reciproca disponibilità a raggiungere un compromesso. Come utile comparazione si analizzano corredi coevi per luoghi vicini anch’essi in Diocesi di Caserta.


Laura Di Giugno: Caserta a tavola e in cantina al tempo di Vanvitelli: occasioni, gusti personali, prodotti tipici e ricette
parole chiave: cucina storica, enogastronomia, ricettari, prodotti locali, corte borbonica
Cosa si mangiava a Caserta all’epoca di Vanvitelli? Quali erano le principali produzioni agricole, quali i vini, quali le ricette di corte e quelle più popolari delle locande e della borghesia? Il contributo propone di ricostruire il contesto culturale culinario del tempo, grazie all’analisi delle fonti (documenti privati, ricettari, proposte di menù) per comprendere luogo, natura e caratteristiche delle produzioni enogastronomiche tipiche locali dell’epoca, specie di quelle sotto il diretto controllo della corte e destinate al suo approvvigionamento. Il tutto sarà inquadrato e “condito” con narrazioni di ricette dell’epoca  e con la descrizione e l’analisi dell’organizzazione dei banchetti (menu, portate) anche dal punto di vista nutrizionale. È previsto anche un appuntamento in casa del maestro Vanvitelli, seduti con lui a tavola, la cui organizzazione fu governata da Olimpia Starich (moglie di Vanvitelli, di cui si sa pochissimo). Da uomo pubblico Vanvitelli fu presente in occasioni private e pubbliche alla tavola del re Carlo e di molti dei personaggi pubblici che popolarono la corte borbonica, dignitari e plenipotenziari. La ricostruzione si basa principalmente sull’analisi dei ricettari dell’epoca, delle lettere scritte dallo stesso Vanvitelli, su fonti bibliografiche poco note (o mai studiate per questi aspetti) e su documenti d’archivio inediti


Pietro Di Lorenzo: Spigolature sonore casertane tra corte e città
parole chiave: musica, liturgia, Caserta, corte, feste
Il contributo propone ulteriori piccoli elementi inediti utili a ricostruire il contesto musicale e sonoro di Caserta e dintorni che accompagnò Vanvitelli e i suoi figli tra 1750 e primissimi anni del 1800. Un quadro che resta piuttosto povero di notizie, forse come riflesso di una attività musicale meno ricca di altri centri. In particolare si illustreranno una musica inedita, le notizie di occasioni di festa civile, l’accompagnamento musicale alle liturgie (quotidiane e solenni), gli organici musicali impegnati e le pratiche cameristiche, a corte e in città. Un piccolo cenno sarà riservato agli strumenti musicali superstiti.


Pietro Di Lorenzo: Strumenti e misure topografiche nell’attività vanvitelliana a Caserta
parole chiave: Strumenti topografici, misure, procedure di misura, Caserta
La grande competenza di Vanvitelli nell’affrontare problemi propri della misura e del rilievo del territorio è riconosciuta in tutti gli studi. Ma poco o nulla si sono approfonditi gli aspetti tecnico-scientifici legati alla topografia. Questo studio propone, credo per le prima volta, risposte per le questioni scientifiche proprie della sua attività. Quali gli strumenti utilizzati da Vanvitelli e dai suoi collaboratori per le misure nel Caserta? Quali le procedure utilizzate? Quale l’accuratezza delle misure ottenute? Quali le innovazioni introdotte dall’attività di Rizzi Zannoni successiva di appena un decennio? Il tutto grazie a fonti documentarie inedite e allo studio dell’iconografia.


Pietro Di Lorenzo: Astronomia e misura del tempo a Caserta intorno a Vanvitelli
parole chiave: Orologi solari, orologi meccanici, Vanvitelli, astronomia, Caserta
Vanvitelli ebbe un carattere certamente spigoloso e atteggiamenti spesso sdegnosi e supponenti, specialmente nelle relazioni con i suoi colleghi se percepiti come potenziali o reali concorrenti. Il suo epistolario restituisce l’immagine di un professionista dell’architettura, dell’ingegneria e della topografia sicuro delle sue competenze e decisamente efficace nell’affrontare e risolvere i tanti problemi progettuali e di cantiere. Per questo eccezionale e sorprendente (sebbene certamente solo privata e non pubblica) è la sua ammissione di incompetenza in astronomia, disciplina verso la quale comunque ebbe un interesse documentato. Ad ogni modo, forse controvoglia, Vanvitelli dové applicarsi nella progettazione e nel disegno di orologi solari, alla fine pure con una certa autosoddisfazione. Questo lavoro rende noti due orologi (uno solare e un meccanico) documentati nelle carte d’archivio ed esistenti negli anni immediatamente successivi alla morte di Vanvitelli nel palazzo Vecchio di Caserta. Il palazzo fu sede della famiglia reale quando in visita a Caserta dal 1750 e fino alla disponibilità (dal 1774) degli appartamenti della attuale Reggia.


Augusto Ferraiuolo: Leggendo Vanvitelli: considerazioni antropologiche
parole chiave: folklore, antropologia, lettere, quotidiano, resoconti
Le lettere di Vanvitelli offrono uno spaccato intimistico e quotidiano del grande architetto. Questo rende possibile una serie di riflessioni non solo su eventi, mode culturali, preferenze individuali, anche manie che alla fine possono ricondurre ad una analisi antropologica del contesto in cui Vanvitelli è calato. Di fatto offrono una cornice interpretative non tanto o non solo della genialità dell’architetto, ma anche della complessità dell’uomo, inserito nel suo tempo storico e nella sua dimensione culturale. Al di là delle pagine dove è possibile ritrovare riferimento ad elementi folklorici (il presepe o le feste, ad esempio), l’epistolario offre spunti di riflessioni su temi connessi alla percezione della salute e alle forme terapeutiche utilizzate, così come sulla passione dell’architetto per il gioco del lotto. Inoltre, l’intero epistolario è pervaso dalle dinamiche e dalle tensioni che con termini moderni potrebbero essere definite familistiche se non clientelari, ma che ovviamente vanno contestualizzate e, eventualmente, interpretate. Inoltre, questi spunti di riflessioni per così dire connessi agli eventi di vita consentono domande di natura più epistemologica: che senso ha parlare di folklore in questo periodo storico? Quale contributo può dare un approccio di antropologia storica in questo caso? Può Vanvitelli essere considerato un valido “informatore” circa il contesto culturale in generale o, magari, è rappresentativo di quella che oggi chiameremmo cultura egemonica?


Lucia Giorgi: Luigi Vanvitelli e gli interventi nel perduto complesso religioso del Carmine a Caserta
parole chiave: complesso del Carmine; cappella Acquaviva; restauro, Camillo Buonfanti; Luigi Vanvitelli
Il complesso del Carmine era una delle più antiche strutture religiose di Caserta le cui vicende, storicamente ed architettonicamente intrecciate con quelle della cappella di San Giovanni Battista e della chiesa dell’Annunziata, risultano fino ad oggi scarsamente documentate. La sua importanza è testimoniata dal fatto che la famiglia Acquaviva d’Aragona (che governò il feudo di Caserta dal 1509 al 1634) vi aveva la cappella gentilizia e che spesso i sovrani borbonici vi si recavano per assistere alle funzioni religiose mentre la reggia era in costruzione. Questo spiega gli interventi edilizi e di abbellimento effettuati nella chiesa a metà Settecento su direzione di Luigi Vanvitelli ma, purtroppo, il complesso non esiste più, poiché fu abbattuto per consentire la costruzione della nuova cattedrale cittadina nella prima metà dell’Ottocento. 


Maria Rosaria Iacono: Il villaggio Torre, da residenza del principe a città reale
parole chiave: Caserta, trasformazione urbana, trasformazioni urbane
Con la posa della prima pietra della nuova reggia voluta da Carlo di Borbone, il 20 gennaio 1752, inizia un nuovo corso ricco di opportunità con la graduale trasformazione del villaggio Torre, nucleo originario della Caserta borbonica.
Le fonti archivistiche, bibliografiche ed iconografiche documenteranno come l’attività edilizia per la costruzione del palazzo reale impronterà per diversi decenni la vita amministrativa, economica e sociale del territorio casertano, trasformandolo profondamente. Infatti il grande cantiere e il periodico trasferimento a Caserta della corte reale con le relative attività politiche e di rappresentanza, comporteranno la necessaria realizzazione di una serie di infrastrutture materiali e immateriali che fanno supporre un disegno unitario di sviluppo del territorio. Tale era infatti il progetto vanvitelliano che accanto alla nuova residenza del re a Caserta, aveva delineato la nuova capitale del regno, secondo l’ambizioso programma politico di Carlo di Borbone; il grandioso acquedotto Carolino per incrementare l’urbanizzazione e l’agricoltura e alimentare la cascata ed i bacini del Parco reale; la “grande strada per Napoli” che avrebbe rappresentato l’elemento di congiunzione tra la vecchia e la nuova capitale.


Danila Jacazzi: Il cantiere vanvitelliano come luogo di formazione
parole chiave: Vanvitelli, formazione, architettura, allievi
La generazione dei “vanvitelliani”, nata all’ombra del maestro, ma connotata da nuove sperimentazioni spaziali sollecitate da moderne istanze culturali, contribuì in maniera determinante alla diffusione internazionale della cultura architettonica italiana. Architetti formatisi alle dipendenze del Vanvitelli furono, infatti, attivi anche presso le maggiori corti europee e nei domini spagnoli, rivestendo incarichi prestigiosi e realizzando architetture di committenza reale. Anche a Caserta, come già era accaduto a Roma, Luigi Vanvitelli costituì, infatti, uno studio formato da colleghi architetti e collaboratori, principalmente provenienti dalle fila dell’Accademia romana di San Luca, ma anche da tecnici, idraulici e professionisti nei vari campi dell’arte e delle manifatture, mostrando rare capacità di organizzazione e direzione di un cantiere complesso come quello casertano. La reggia casertana rappresentò l’opera più impegnativa e ambiziosa realizzata dal Vanvitelli, quella cui deve ancora oggi la sua fama, ma costituì anche un grande limite per l’architetto che ambiva seguire re Carlo in Spagna. Proprio per terminare la sua costruzione il re non volle trasferire nella corte madrilena l’architetto di casa reale, ritenendo indispensabile la sua presenza nel cantiere. Ma la lezione del cavalier Vanvitelli permase, a vario titolo, a caratterizzare il lessico di un’intera generazione di architetti (allievi, continuatori, epigoni o, più semplicemente, artisti influenzati dal maestro) che costituirono la “cerchia”, più che una vera e propria scuola, vanvitelliana e che furono attivi fino alla metà del XIX secolo.


Maria Carmela Masi: Caserta, Vanvitelli e l’antico: nuovi orizzonti culturali
parole chiave: Vanvitelli, Mengs, Winckelmann, villa Albani, Caserta
Nel 1758, all’uscita del primo volume delle Antichità di Ercolano Esposte, Winckelmann visita la Reggia di Caserta ancora in costruzione e l’acquedotto carolino. In questo periodo Giacomo Nani è già morto e Carlo Brunelli si sta formando alla scuola di figure di Rocco Pozzi, fratello di Stefano, il pittore Romano membro dell’Accademia di San Luca che nel 1744 aveva collaborato con Luigi Vanvitelli alla Biblioteca per il Palazzo Sciarra Colonna e al Salotto degli Specchi del Palazzo Doria Pamphilj. Rocco Pozzi eseguì le stampe per le Antichità di Ercolano esposte e le incisioni per la Dichiarazione dei Disegni, inoltre lavorò nel 1757 alla pubblicazione di Ottavio Antonio Bayardi. Winckelmann giunge in Italia raccomandato dal padre della Regina di Napoli, Maria Amalia di Sassonia, ad Anton Raphael Mengs, considerato al tempo tra i migliori pittori europei. Il pittore, nel 1757, aveva dipinto per la Cappella palatina di Caserta La presentazione della Vergine tempio. Dopo il viaggio a Napoli, Winckelmann rientra a Roma, cominciando a lavorare per gli Albani, famiglia che Luigi Vanvitelli conosce molto bene per aver restaurato il Palazzo Albani ad Urbino (1728). Nel 1761, nella galleria nobile di Villa Albani, Mengs trascrive pittoricamente nell’affresco del Parnaso i principi fondamentali del vero stile, teorizzato dall’amico Winckelmann. Il tema è richiamato nella volta ellittica dello Scalone Reale della Reggia di Caserta, dipinto nel 1769 da Girolamo Starace Franchis, inviato al pensionato romano nel 1756 proprio Luigi Vanvitelli, che completò l’opera per il matrimonio di Ferdinando IV e Maria Carolina d’Asburgo. Il contributo intende analizzare i rapporti tra Caserta, Luigi Vanvitelli, Winckelmann e Mengs, offrendo nuovi possibili spunti di lettura tra la Reggia e il territorio circostante.


Antonio Salvatore Romano: Istituzioni ecclesiastiche e vita religiosa a Caserta e in Terra di Lavoro nella prima età borbonica
parole chiave: Chiesa, vescovi, clero, Caserta, Terra di Lavoro
La storia delle istituzioni ecclesiastiche casertane e dell’intera Terra di Lavoro nel Settecento resta ancora ampiamente da studiare. Le celebrazioni in corso offriranno, dunque, l’occasione per analizzare e approfondire fatti, eventi e personaggi legati alla presenza e all’azione della Chiesa nell’area casertana durante la prima età borbonica. Vescovi, parroci e membri degli ordini religiosi furono certamente tra i principali protagonisti e testimoni privilegiati dei profondi cambiamenti urbanistici e sociali a Caserta e dintorni nei decenni a cavallo della metà del XVIII secolo. Attraverso fonti inedite o poco note, sarà proposta, quindi, una panoramica sulle vicende ecclesiastiche casertane e sul vissuto religioso in Terra di Lavoro negli anni di attività di Luigi Vanvitelli.


Luigi Russo: Casertani nel Collegio dei Dottori di Napoli nel periodo vanvitelliano
parole chiave: Caserta; Terra di Lavoro; Napoli; Università; Legge; Medicina
Questo saggio riguarda cittadini di Caserta che ricevettero un dottorato in Legge, Medicina o Teologia  nel Collegio dei Dottori di Napoli nel periodo vanvitelliano (1751-1773)


Riccardo Serraglio:Intorno alla reggia: i mulini alimentati dall’Acquedotto Carolino
parole chiave: Architettura, territorio, città, acqua, energia
Oltre a essere utilizzata per alimentare le fabbriche borboniche, l’acqua del condotto vanvitelliano venne impiegata per approvvigionare territori e città dislocati lungo il suo percorso. In particolare, la rete idrica della città di Caserta venne approvvigionata dall’Acquedotto Carolino mediante un razionale sistema di raccolta delle acque in alcune cisterne, dalle quali venivano smistate in quattro diramazioni principali, dirette rispettivamente al “giro” del palazzo reale, al quartiere San Carlino, alla vaccheria di Aldifreda e alle masserie del duca di Calabria. L’Acqua Carolina fu altresì utilizzata per la costruzione di impianti di irrigazione e macchine per la molitura lungo il percorso dell’acquedotto, fino ai margini della reggia vanvitelliana. Si analizzeranno in questo contributo esclusivamente i mulini attualmente ricadenti all’interno del territorio comunale della città di Caserta. I Mulini di San Benedetto risultano direttamente correlati alla costruzione del Reale Palazzo. Infatti, i dislivelli causati dalle cave aperte per l’estrazione del tufo utilizzato nel cantiere della reggia determinarono le condizioni per la realizzazione di due impianti di molitura, inizialmente inclusi nel patrimonio personale di Ferdinando IV e dal 1776 concessi alla Reale Amministrazione di Caserta. Un altro mulino venne costruito tra il 1781 e il 1782 alle pendici di Monte Briano, in un’area adiacente al Giardino Inglese, utilizzato in un primo periodo per la spremitura delle olive prodotte in zona e successivamente per azionare i macchinari di un’officina per la lavorazione di filati di cotone. Altri impianti alimentati dal Carolino furono costruiti negli ultimi decenni del regno borbonico in prossimità del parco della reggia. In località Aldifreda, in prossimità alle scenografiche fontane del giardino reale, fu costruito nel 1831 un mulino disposto in un fabbricato a tre piani, dotato di ambienti accessori per il lavaggio e per la conservazione del grano, dormitori per gli operai, un alloggio per l’amministratore, stalle e fienile. Poco distante, a mezza strada tra i ponti realizzati sopra le strade dirette a Casanova e a San Leucio durante la sistemazione del parco della reggia, fu costruito nel 1851 un altro mulino, simile al precedente sia nella tipologia degli impianti tecnologici sia nella distribuzione degli ambienti destinati alle attività produttive. Si ripercorreranno, attraverso l’esegesi di documenti d’archivio, le vicende relative alla costruzione e per quanto possibile alle trasformazioni nel corso del tempo dei fabbricati che un tempo ospitavano gli impianti molitori, fino alla descrizione delle condizioni in cui versano all’attualità. Dismessi e fatiscenti o completamente alterati, i mulini borbonici costituiscono un patrimonio di archeologia industriale e di cultura materiale meritevole di efficaci misure di tutela perché molti di essi presentano ancora oggi caratteri architettonici e ambientali di notevole interesse. Questi edifici, o almeno alcuni di essi, potrebbero essere recuperati per essere destinati a nuove funzioni mediante opportuni interventi di restauro.


programma completo di Caserta al tempo di Vanvitelli

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menu storico A tavola al tempo di Vanvitelli
a cura di Associazione Culturale “Tempo di Festa”

Da Vincenzo Corrado “Il cuoco galante” (1773) e il “Trattato sulle patate” (1798)

sacchetto da asporto con 4 portate
– timpallo alla pitagorica
– vitello in crocchetti
– frittata di patate
– crema all’aranci
Il sacchetto include posate monouso, tovagliolo e acqua.

prezzo sacchetto: 10 €

prenotazione obbligatoria: 48 ore prima dell’evento
via mail a: info@tempodifesta.it
pagamento anticipato
contatti: Laura Di Giugno 329 48450891 

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